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Stx-Fincantieri è un compromesso al ribasso o un patto di ferro Roma-Parigi?

28 de setembro de 2017 - Por Fernanda Queiroz
Stx-Fincantieri è un compromesso al ribasso o un patto di ferro Roma-Parigi?

 

Vista dall’Italia, la presidenza Macron​ non era partita proprio benissimo. Lo storico incontro tra i due leader libici rivali, il presidente Serraj e il generale Haftar, tenutosi a Parigi e non a Roma, fu visto come un autentico scippo di un’area di influenza dove l’Italia era sempre rimasta presente anche nei mesi più cruenti della guerra civile seguita alla caduta di Gheddafi​. Poi arrivò la “nazionalizzazione preventiva” dei cantieri navali di Saint-Nazaire, per evitare che Fincantieri ne prendesse il controllo. Su questo fronte il governo non smise mai di tenere il punto (“È una questione di dignità”, sbottò il ministro Calenda), fino all’accordo raggiunto ieri, che concede all’Italia il controllo del 51% della società Stx ma solo grazie al “prestito” (revocabile) di un 1% in mano a Parigi.

Nei commenti sui quotidiani di oggi c’è chi parla di un compromesso al ribasso, che dimostra quanto il nostro Paese si sia fatto trovare impreparato di fronte al risoluto attivismo del giovane presidente francese. C’è invece chi scrive della nascita di un nuovo asse Roma-Parigi destinato a colmare il relativo vuoto lasciato dalle difficoltà interne di una Merkel​ che, impegnata a recuperare i consensi rubati dall’opposizione nazionalista, potrà esercitare la sua leadership con meno vigore, soprattutto se i suoi partner di governo saranno i liberali di Fdp, non proprio dei campioni di europeismo.

Il vuoto da riempire lasciato da Berlino

Quest’ultima è l’interpretazione proposta da La Stampa, che sottolinea come l’obiettivo concordato da Emmanuel Macron e il presidente del Consiglio Gentiloni durante il loro incontro a Lione era lanciare “un messaggio comune: declamare una forte spinta europeista a pochi giorni dal voto tedesco, che invece rischia di trasformarsi in un prolungato “ralenti”, persino in una gelata storica”.




Durante la conferenza stampa congiunta, prosegue il quotidiano di Torino, “Macron ha calato una proposta che sul momento è parsa estemporanea ma potrebbe non esserlo: ipotizzare tra Francia e Italia, un trattato strategico sull’esempio di quello fondamentale tra Parigi e Bonn, che venne sottoscritto nel 1963 all’Eliseo. Ha detto testualmente Macron: «Si può immaginare un Trattato del Quirinale, come quello dell’Eliseo!». Un patto a due che – laddove si concretizzi – potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto più forte di una cooperazione rafforzata. E, a chiudere un duetto apparentemente casuale, Gentiloni ha chiosato: «Il rilancio europeo si fonda sulla forza dei rapporti bilaterali». A Roma prendono atto con soddisfazione della proposta, che tuttavia dovrà essere riempita di contenuti. E le prossime settimane, spiegano nel governo, serviranno a valutare quanto sia concreta e destinata ad avere seguito”.

I nodi ancora da sciogliere

I nodi da sciogliere restano, ricorda il Sole 24 Ore : “I due leader hanno parlato anche della vicenda Tim-Vivendi – «chiediamo solo il rispetto delle leggi», ha detto Gentiloni – e della Tav Torino Lione, rispetto alla quale Macron ha garantito «pieno impegno». Sul fronte europeo, i presidenti hanno affrontato i temi del “nuovo corso” europeista e della collaborazione con la Libia sul fronte dell’immigrazione”. Collaborazione che passerà probabilmente per un rafforzamento della cooperazione militare tra i due Paesi, tra i “temi bilaterali importanti” sui quali, ha promesso Macron, i due Paesi potrebbero avanzare “progetti concreti per i prossimi mesi”.

Fortemente critica è invece Repubblica, che parla addirittura di un “patto scellerato”: “La spartizione dei cantieri Saint Nazaire può essere raccontata come una vittoria in parti uguali sul mercato politico, ma non su quello industriale. Fincantieri partiva dalla sua quota del 66,7% rilevata dai coreani. Dopo il veto di Macron, si deve accontentare di un 50%, al quale si aggiunge un 1% che i francesi ‘prestano’ per 12 anni. Un periodo lunghissimo nel quale la governance dell’azienda (nonostante il ceo di nomina italiana) galleggerà in un limbo. Macron muoveva da una quota del 33,3% in mano allo Stato. Ora sale al 50 e spunta un diritto di veto sulle nomine e di recesso sul prestito. Chi ha vinto di più?”. (agi)

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