Il tutto sullo sfondo di una complicità giallorossa frutto di timore e insicurezza di una squadra colpevole di aver concesso spazio e fiducia agli avversari ad inizio del 2° tempo. L’appuntamento capitolino si era aperto con il tormentone dello scambio di ruoli e panchine. Spalletti prova a smarcarsi dall’etichetta di permaloso offrendo anche a gesti il timone della sua Roma all’amico Ancelotti (da incorniciare il siparietto pre-gara) quando le squadre spuntano dagli spogliatoi. Un flash che apre una contesa scossa ad un’ora e mezzo dal sipario dalla notizia che Beckham giocherà dall’avvio. Stupore e non solo perchè in nessun giornale del mondo era apparsa voce di un utilizzo dello Spice Boy dal 1’. Stupore e disincanto perchè dalla lavagna di Ancelotti esce la versione rossonera più stellare che si possa solo immaginare.
Stelle e Palloni d’Oro milanisti tutti in campo appassionatamente e, come per magia, la sfida appare risentirne. La Roma si affaccia alla notte dell’Olimpico timida, quasi impaurita e il pallone resta incollato ai tacchetti dei ragazzi di mister Carletto. Kakà dà ordini, Beckham pensa a non strafare, Seedorf a fare il mediano, Ronaldinho e Pato a scambiarsi le zolle di campo con Pirlo pronto a salire in cattedra non appena la truppa Spalletti guadagna metri. Risultato? Seppur impacciata, la squadra giallorossa non va mai in affanno, colpa la lentezza inaudita delle trame rossonere. Ancelotti è una furia. «Devi giocare in verticale, in velocità e con i compagni…», urla a Kakà. Il Milan sembra divertirsi come in un torello di metà settimana, esercizio che riesce alla perfezione visto il prodotto di tanta classe là in mezzo.
Ma per Doni la prima parte della serata fila via come quella di un comune spettatore se non fosse per qualche traiettoria buttata nel cuore dell’area giallorossa più per inerzia che per volontà. Il rompicapo milanista ha, così, l’effetto di risvegliare De Rossi e soci restituendo coraggio ad una Roma forse impressionata dai nomi sulla maglia dei rivali, ma ben presto consapevole delle difficoltà rossonere a far venire i brividi all’Olimpico. Vucinic e Baptista suonano la sveglia, Perrotta e Brighi riconquistano posizione e velocità, Riise si presenta al faccia a faccia con Beckham dall’alto di una condizione nettamente migliore. Arriva il primo vero affondo giallorosso e lo stadio va in gloria: Riise taglia l’area di Abbiati, le statuine di Ancelotti non intervengono e Vucinic ha il tempo di far sbandare Jankulovski e di spingere il pallone oltre la sagoma di Abbiati da due metri.
La notte romana sembra correre incontro al verdetto più logico perchè il Milan visto nel primo tempo è la somma algebrica di fuoriserie che arrichiscono l’album Panini, ma gli equilibri di squadra sono un’altra cosa. Giudizio che si capovolge nella ripresa. Ancelotti alza la voce, fa tremare i muri dello spogliatoio e in meno di 10’ Kakà e Pato si impossessano della sfida con il primo che ispira e il secondo che incanta con una doppietta d’autore (primo acuto d’astuzia, secondo un gioiello da far arrossire anche Totti in tribuna tant’è bello il cucchiaio su Doni in uscita). E la Roma? Il baricentro giallorosso tentenna fino a piegarsi dalle parti di Doni fino a quando dalla testa di Vucinic esce il colpo che spiazza Abbiati e sigilla il punteggio. Cala il sipario. Beckham è stremato, il popolo della Roma si schiera. «Con stima e rispetto per Ancelotti, altri 100 anni di Spalletti in panchina», così uno striscione chilometrico. Il valzer delle panchine può attendere.