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Sandri, in aula l’agente che uccise Neppure uno sguardo verso i genitori

20 de março de 2009 - Por Comunità Italiana

La madre: "Davanti ad una donna a cui ha ucciso il figlio, avrebbe dovuto inginocchiarsi"

 

AREZZO – C'è anche l'agente Luigi Spaccarotella nell'aula di giustizia di Arezzo al processo per l'omicidio di Gabriele Sandri. E' la prima volta che il poliziotto della Stradale partecipa alle udienze. E' entrato a testa bassa per evitare lo sguardo dei genitori del tifoso ucciso con un colpo di pistola nell'area di servizio Badia al Pino l'11 novembre del 2007.

Non un'occhiata tra l'imputato e i familiari di Gabriele. Neppure una parola. Quando l'agente è entrato in aula tra due carabinieri, gli occhi del pubblico puntati addosso, nell'aula è sceso un silenzio gelido. I genitori di Gabriele e il fratello Cristiano sono rimasti muti. Poi è iniziato il dibattimento con l'audizione di un teste, ma niente telecamere e fotografi come chiesto dall'imputato.

"Dopo un anno e mezzo, ho visto in faccia l'assassino di mio figlio", aveva detto il padre di Gabriele, Giorgio Sandri, prima dell'udienza. "Davanti ad una donna a cui ha ucciso il figlio – ha detto la madre – quell'uomo avrebbe dovuto inginocchiarsi". Accanto ai genitori, in aula, anche Cristiano, il fratello maggiore di Gabriele.

Il processo proseguirà con rito ordinario. Tra una settimana sarà ascoltata la turista giapponese che disse di aver visto l'agente sparare contro l'auto di Sandri "ad altezza uomo". Per ultimo, il 23 aprile, toccherà all'imputato. I difensori del poliziotto avevano chiesto alla Corte d'assise che il processo si svolgesse con rito abbreviato e sconto di pena ma la corte, dopo una lunga camera di consiglio, ha respinto la proposta come aveva già fatto il giudice per le udienze preliminari.

Come sta Spaccarotella?, ha chiesto un giornalista ad uno dei difensori del poliziotto: "Il suo dolore è il dolore della famiglia di Sandri. Sta male, come una persona che è accusata di omicidio volontario e che è un membro della polizia".

 
Fonte: www.repubblica.it 

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