{mosimage}Una tv tedesca svela il mistero: «Stroncato dal cancro nel '92, viveva sotto falso nome in Egitto»
UN ALTRO MENGELE – Durante il nazismo, Heim usava i prigionieri come cavie. Eseguiva operazioni senza anestesia, iniettava veleni e benzina, conduceva test terribili sui malcapitati. Una crudeltà pari a quella dell’altro «dottore», Josef Mengele. Per anni gli hanno dato la caccia arrivando ad offrire una taglia di oltre un milione di dollari, lanciando appelli e sollecitando la collaborazione internazionale. Dopo aver vissuto a Baden-Baden, Heim fugge prima in Francia, poi in Marocco e quindi si stabilisce al Cairo nell’hotel Kasr Al Madina della famiglia Doma. Durante il lungo soggiorno prepara dossier, conduce ricerche sugli ebrei, scrive lunghe lettere che spedisce, con il nome di Youssef Ibrahim, al segretario dell'Onu Waldheim, al consigliere per la sicurezza nazionale americana Brzezinski, al maresciallo Tito. I suoi amici egiziani sostengono di non aver mai conosciuto la sua reale identità, anche se sospettavano che avesse qualcosa da nascondere. Solo la famiglia, rimasta in Germania, sapeva del segreto. Heim ha lasciato ai Doma una valigia zeppa di carte, ricevute, disegni, bozze delle lettere, certificati medici. Su un documento intestato a Tarek Farid c’era la sua vera data di nascita: 28 giugno 1914, Radkersburg, Austria. Quella sul certificato di morte risale, invece, al 10 agosto 1992. Sembra che avesse scritto nel suo testamento che desiderava lasciare «il corpo alla Scienza», in modo che potessero condurre degli esperimenti. Quasi un proseguimento di quanto aveva fatto nei lager. Invece, le autorità egiziane decidono di seppellirlo in una fossa senza alcuna iscrizione. Un particolare che non permette di chiudere del tutto il mistero.
Fonte: www.corriere.it