{mosimage}Summit in Procura, fra magistrati e investigatori della Finanza, all´indomani del primo arresto fondato sulle rivelazioni dell´avvocato Giovanni Trapani, il legale dei Lo Piccolo arrestato per mafia a settembre. Si cercano adesso riscontri all´ipotesi ventilata da Trapani, dell´esistenza di fondi neri nei bilanci della società rosanero. Parte di quei fondi sarebbe stata utilizzata per comprare due risultati positivi nel campionato 2003. I vertici della società e l´ex ds Foschi respingono le accuse di Trapani: «Fantasie». I tifosi si sfogano su Internet. I club tacciono
Ha parlato della rete degli insospettabili consulenti palermitani e non che avrebbero prestato i loro servigi. Otto milioni di euro erano già pronti a uscire dalla casse di Cosa nostra per essere investiti in un complesso immobiliare di Chioggia. È questo il primo capitolo dell´atto d´accusa. Il secondo, riguarda il mondo del calcio, che Trapani conosceva bene perché era ormai un affermato procuratore sportivo. E non aveva più le illusioni di quando aveva iniziato l´attività, così ha detto con amarezza al pool di magistrati che lo sta interrogando. Trapani avrebbe parlato anche di fondi neri gestiti da qualcuno, all´interno della società rosanero.
Parte di quei soldi sarebbe servita per finanziare, così il neo pentito dice di aver saputo, le due partite «comprate» nel 2003. Come anticipato ieri da Repubblica, si tratta di Ascoli-Palermo (24 maggio, con finale 1 a 2) e Palermo-Verona (31 maggio, 2 a 0). Fu l´anno in cui il sogno della serie A sfumò all´ultima giornata. Ieri, è stata una giornata di grande movimento nei corridoi della Procura. I magistrati del pool San Lorenzo sono rimasti a lungo in riunione con il procuratore aggiunto Antonio Ingroia. C´erano Francesco Del Bene, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi, Marcello Viola.
A fine mattina, al palazzo di giustizia sono arrivati anche gli ufficiali del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, per un altro summit. L´indagine punta a incamerare altri riscontri alle dichiarazioni di Marcello Trapani, che fino a questo momento si sono rivelate oro colato. Scrivono i pubblici ministeri nella richiesta di custodia al gip Silvana Saguto che questa collaborazione è «di assoluto rilievo», e poi ancora «particolarmente rilevante ed attendibile».
Scadono il 23 aprile i sei mesi che i pm hanno disposizione, secondo legge, per raccogliere tutte le dichiarazioni del neo collaboratore. Intanto, così scrivono nel provvedimento che ha portato in carcere Pietro Mansueto, uno dei prestanome dei Lo Piccolo: «Da subito, l´avvocato Trapani, oltre ad ammettere la propria responsabilità, delineava non solo le attività delittuose della famiglia mafiosa dei Lo Piccolo e i suoi collegamenti con le famiglie mafiose americane, ma soprattutto riferiva della disponibilità, da parte della famiglia Lo Piccolo di un ingente patrimonio economico-finanziario accumulato illegalmente ed in particolar modo attraverso la sistematica perpetrazione di estorsioni, gestito con la connivenza di numerosi insospettabili prestanome».
Adesso, le dichiarazioni di Marcello Trapani vanno a completare il quadro già offerto dai mafiosi un tempo vicini a Lo Piccolo. Nei mesi scorsi, erano stati Francesco Franzese e Andrea Bonaccorso ad aprire il capitolo dei rapporti fra esponenti del Palermo calcio e la mafia. Così, a settembre, era finito in manette anche Giovanni Pecoraro, l´ex responsabile del settore giovanile del Palermo. E le intercettazioni della finanza avevano offerto preziosi riscontri. Adesso Marcello Trapani conferma che Claudio Lo Piccolo, uno dei due rampolli del boss rimasto in libertà (all´epoca), aveva una grande passione per il calcio. Gli raccomandò un allenatore e un giocatore. Top secret i loro nomi. Però, qualche indicazione, era già emersa nelle intercettazioni. Lo Piccolo sponsorizzava un calciatore dell´Eccellenza, figlio di un mafioso della Marinella.
Chiedeva all´avvocato Marcello Trapani di spendersi in modo particolare per quel ragazzo. E alla fine arrivò l´idea: inserire il giovane in una squadra veneta e trasformarlo in un fidato messaggero dei mafiosi che in quei mesi stavano investendo gli otto milioni di euro nel complesso immobiliare di Chioggia. «Facciamo l´utile e il dilettevole», si ripetevano l´avvocato e il figlio del boss. Così, un giorno dell´agosto 2007, l´aspirante attaccante si presentò a casa di Marcello Trapani, accompagnato da Calogero Lo Piccolo. «Ho 19 anni – spiegò un po´ intimorito, e non sospettava di essere intercettato – l´anno scorso ero in Eccellenza, a Terrasini, come centrocampista». Precisò: «Ora mi sono svincolato, perché non mi facevano giocare, non mi pagavano». Trapani chiese: «Con l´allenatore ci hai parlato?». Rispose sconsolato: «Non c´è spazio, fanno giocare solo i raccomandati». Lo Piccolo junior tagliò corto: «Mandalo anche fuori e si leva pure da qua». Anche i mafiosi, in fondo, sono contro le raccomandazioni nel mondo del calcio.